Lo smart working tra tempo e spazio: un’analisi inusuale

Maggio 3, 2019

LO SMART WORKING TRA TEMPO E SPAZIO: INTRODUZIONE

Il concetto di “lavoro agile” “smart working”, nella sua versione anglosassone, è entrato ufficialmente nel nostro ordinamento soltanto di recente. È stata la Legge n. 81/2017 ad introdurre questa nuova tipologia contrattuale caratterizzata da un’articolazione flessibile del lavoro subordinato nel tempo e nello spazio.

Il “lavoro agile”, nella definizione che ci restituisce l’art. 18 della sopraindicata Legge, è caratterizzato, infatti, dall’assenza di “precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro”. Spazio e tempo tornano, dunque, di nuovo a contaminarsi in un intreccio che rende alquanto difficile capire dove esattamente finisce l’uno e dove inizia l’altro.

Permane, però, un limite che è quello “di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale” fissato dalla Legge e della contrattazione collettiva. Quasi a voler ribadire che c’è un tempo per il lavoro e un tempo da dedicare alla sfera privata, quasi a voler evitare ogni forma di possibile contaminazione.

Ma in realtà le caratteristiche dello “smart working” lo rendono tale da poter essere considerato una prima forma di realizzazione concreta del concetto di time porosity.

L’obiettivo, nell’ottica del legislatore, è quello di favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro e di creare, al contempo, degli ambienti lavorativi fluidi e dinamici. Il tutto realizzato grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie che consentono uno scambio veloce delle informazioni anche a chi non si trova fisicamente nello stesso luogo.

LO SMART WORKING NEI FATTI

Per poter essere uno smart worker, l’art. 19 della Legge 81/2017 prevede la stipula di un accordo in forma scritta.  L’accordo regolamenterà l’esecuzione all’esterno dei locali aziendali della prestazione lavorativa, nonché le modalità di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e i tempi di riposo del lavoratore. Tale accordo dovrà essere trasmesso dalle aziende ai Servizi per l’impiego tramite la piattaforma dedicata sul sito del Ministero del Lavoro (cfr. comunicato Min. Lav. del 15 novembre 2017).

L’accordo, sempre secondo l’art. 19, può essere a tempo determinato o indeterminato. In quest’ultimo caso il recesso potrà avvenire soltanto con un preavviso non inferiore ai 30 giorni. È sempre ammesso, invece, il recesso da parte di entrambi i contraenti in presenza di un giustificato motivo.

Il lavoratore agile, a parità di mansioni, ha inoltre diritto allo stesso trattamento economico e normativo degli altri lavoratori essendo a quest’ultimi equiparato a tutti gli effetti.

FORME DI PROTEZIONE DEL TEMPO: IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE

L’accordo individuale di smart working, oltre a disciplinare le modalità di esecuzione a distanza della prestazione lavorativa, deve prevedere, per espressa previsione di Legge, anche i tempi di riposo del lavoratore. Si tratta di quello che viene definito il “diritto alla disconnessione intellettuale”. Lo scopo  di suddetto diritto è quello di rendere il lavoratore irreperibile per un certo periodo ed evitare così eccessive intrusioni del tempo del lavoro nella porosità degli spazi che la vita privata lascia irrimediabilmente vuoti. Il diritto alla disconnessione altro non è che una forma di protezione del tempo, forse un tentativo di recupero di quella divisione rigida tra vita privata e vita lavorativa tipica delle società industriali. Un retaggio culturale che, nonostante il progresso tecnologico e la fluidità delle nuove forme sociali, pesa ancora sul nostro modo di pensare al lavoro.

Se prima c’era un meccanismo fisico, il cancello della fabbrica, a scandire bene il tempo del lavoro e il tempo per fare altro, ora c’è un meccanismo non-fisico ed è lo stesso lavoratore che, nel rispetto dei suoi obblighi e doveri, sceglie se e quando chiudere quel cancello.

Il diritto alla disconnessione altro non è che il momento in cui la contaminazione tra vita lavorativa e vita privata finisce e gli spazi lasciati vuoti dal tempo tornano ad essere tali. Altro non è che un modo per evitare che la contaminazione s’irrigidisca e che il tempo perda, così, tutta la sua elasticità.

CONCLUSIONI

Il concetto di smart working e le caratteristiche che lo contraddistinguono ben si sposano con l’altro grande concetto, in voga tra i sociologi del lavoro e già affrontato su questa pagina, del time porosity. Il lavoro agile ne rappresenta, forse, una sua prima realizzazione pratica. Se si dovesse pensare alla porosità del tempo in termini concreti, lo si potrebbe certamente fare attraverso lo smart working.

La flessibilità che caratterizza questa inedita e, per certi versi, ancora poco praticata tipologia contrattuale altro non è che un primo tentativo, da parte del legislatore, di pensare al mondo del lavoro in termini del tutto nuovi all’insegna di un processo di destrutturazione capace di innovare al di fuori della rigidità dei vecchi schemi capitalistici.

Le forme della nostra società sono radicalmente cambiate e con esse è cambiata anche la percezione soggettiva del tempo e dello spazio. Perché spazio e tempo sono, prima di tutto, esperienze.

Che il lavoro debba restare indietro?

Lo smart working tra tempo e spazio

Tempo e Lavoro: Time Porosity

Maggio 3, 2019

Tempo e lavoro: un’introduzione

Tempo e Lavoro: Time Porosity. Tra tempo e lavoro esiste una profonda interconnessione: un termine altro non è che la specificazione ontologica dell’altro. Il lavoro è tempo ma il tempo, tuttavia, non è soltanto lavoro.

Sembrerebbe, infatti, esistere una differenza fondamentale tra quello che può essere definito il “tempo del lavoro” e quello che, invece, è il “tempo personale”, ma in realtà la separazione tra queste due percezioni del tempo nello spazio non è sempre stata definita nel corso della storia.

Forse perché il tempo è un qualcosa che non può essere agevolmente circoscritto in quanto ogni tentativo di misurazione dello stesso appare irrisorio davanti alla percezione soggettiva che del trascorrere del tempo nello spazio hanno i singoli. Una percezione che, tra l’altro, risulta anche essere influenzata dal contesto sociale nel quale il singolo si trova ad agire.

“Tempo del lavoro” e “tempo personale” nella storia

Non sempre, nel corso della storia, tra il “tempo del lavoro” e il “tempo personale” sono esistiti confini ben precisi.

Nelle società pre-industriali, ad esempio, tra queste due forme di tempo vi era una perfetta sovrapposizione. Il “tempo del lavoro” coincideva essenzialmente con il “tempo personale” e la misurazione dello stesso era, per lo più, il risultato del trascorrere ciclico delle stagioni.

Considerando poi che anche lo spazio del lavoro, ossia la fattoria, era attiguo allo spazio privato, ossia l’abitazione, la sovrapposizione tra le due forme di tempo era pressoché perfetta.

È con l’avvento della Rivoluzione Industriale che si realizza, invece, la massima separazione tra le due forme di tempo. Tra il “tempo del lavoro” e il “tempo personale” non può e non deve esserci più alcuna forma di sovrapposizione. È, quindi, nelle società industriali che emerge, in maniera quasi impertinente, la necessità di normare il tempo del lavoro e di circoscriverlo entro uno spazio ben definito: la fabbrica con i suoi cancelli.

Dalla totale sovrapposizione delle due forme di tempo si passa, dunque, alla decisa separazione delle stesse per poi tornare, con l’avvento del post-industrialismo, a una forma inedita di contaminazione tra il “tempo del lavoro” e il “tempo personale”.

È propria questa forma inedita di contaminazione che sta attirando, negli ultimissimi tempi, l’attenzione di alcuni sociologi del lavoro e professionisti del settore.

Il concetto di “Time Porosity”

Per indicare la nuova forma inedita di contaminazione tra il “tempo del lavoro” e il “tempo personale” è possibile utilizzare l’espressione coniata da Èmilie Genin; si tratta del concetto di “Time Porosity”. La porosità è, in realtà, un concetto fisico e cioè proprio di un corpo che presenta al suo interno degli spazi vuoti idonei ad essere riempiti, ma rende bene l’immagine della costante amalgamazione che avviene tra il “tempo del lavoro” e il “tempo personale”, una contaminazione che contraddistingue le società a capitalismo avanzato.

La digitalizzazione di massa, le nuove forme di comunicazione, il c.d. “internet of things”, hanno reso sempre più possibile quel processo di osmosi tra le due forme di tempo rendendo difficile ed oramai impossibile una loro definitiva distinzione.

È necessario, quindi, iniziare  a ri-pensare il concetto di tempo e il rapporto tra il lavoro e la vita privata, anche alla luce delle trasformazioni sociali che hanno avuto luogo negli ultimi anni.

L’idea di “Time Porosity” rappresenta, dunque, una sfida diretta ad incentivare nuovi modi di pensare il tempo nel lavoro anche ai fini di trovare forme di recupero del tempo stesso.

Basta avere un cellulare con una connessione ad internet ed ecco che una grande maggioranza di lavori possono essere svolti pressoché ovunque e in ogni momento della giornata rendendo ancora più accentuato il processo di osmosi tra il tempo del lavoro e il tempo personale.

Contaminazione tra “Tempo del lavoro” e “tempo personale”

La contaminazione tra le due forme di tempo risulta, però, essere gentile: il tempo personale si infiltra negli spazi lavorativi vuoti per poi tornare a liberali.

È evidente che la concezione che abbiamo del tempo, soprattutto del tempo dedicato al lavoro, mal si concilia con l’idea di “Time Porosity”. Questa impossibilità di rapportare i due concetti dipende essenzialmente dal fatto che per noi il tempo del lavoro continua a coincidere essenzialmente con l’orario di lavoro definito nei contratti collettivi e misurato dal magnetico strisciare di un badge in una fessura.

Viviamo in una società post-industriale continuando a ragionare con le categorie figlie del periodo industriale, dove concetti come la definizione certa dell’orario di lavoro hanno rappresentato delle importanti conquiste sul piano sociale, conquiste che forse ancora non si è pronti a mettere in discussione.

Alcune criticità

L’idea di un tempo “poroso” capace di riempire gli spazi lavorativi vuoti non può, però, essere applicata a tutte le tipologie di lavoro; per quei lavori ai quali può essere applicato si riscontra, invece, un’importanza differenza di genere.

Esistono, infatti, lavori per i quali è necessaria la presenza fisica del lavoratore sul posto. Si tratta, per lo più, di lavori manuali, ripetitivi e che richiedono poca specializzazione.

Per queste tipologie di lavoro, l’idea di un tempo “poroso” e quindi la realizzazione di una compenetrazione tra il tempo dedicato allo svolgimento dell’attività lavorativa e il tempo dedicato a questioni personali appare più difficile da sostenere, come è più difficile da sostenere la possibilità di applicare a questi tipi di lavoro nuove e più flessibili forme di organizzazione del tempo.

L’orario di lavoro e la sua definizione legale continua, così, ad essere un elemento imprescindibile.

I lavoratori con un alto livello di istruzione e che svolgono professioni prettamente intellettuali risultano essere, quindi, i soggetti più idonei a gestire le nuove relazioni tra tempo-lavoro e tempo-personale.

È, tuttavia, possibile fare un’ulteriore specifica perché anche nell’ambito dei c.d. “lavori intellettuali” permangono delle differenze; si tratta, in particolare, di differenza di genere.

Per le lavoratrici donne, infatti, la separazione tra il “tempo del lavoro” e il “tempo personale” è sempre stata contraddistinta da profili di forte ambiguità. La donna oltre ad essere lavoratrice, peraltro non sempre, è al tempo stesso anche madre e moglie. Questi tre ruoli sociali della donna, dove gli ultimi due sembrano avere addirittura un peso maggiore, hanno reso impossibile per la stessa una separazione definitiva e una gestione lineare delle due forme di tempo.

C’è da chiedersi, allora, come l’idea della porosità del tempo possa essere applicata anche a queste categorie di soggetti e se la stessa potrebbe rappresentare anche una soluzione per la c.d. questione di genere, almeno per quelle lavoratrici che, in possesso di un alto livello di istruzione, si trovano ad occupare profili professionali elevati.

La necessità di ripensare il tempo nello spazio lavorativo rappresenta, dunque, una sfida anche in questo senso.

Conclusioni  

Il concetto di “Time Porosity” non è altro che una sfida: è il tentativo di pensare a nuove modalità di organizzazione del tempo alla luce delle possibilità offerte dall’odierna società dell’informazione.

È la necessità di adeguare la concezione del tempo ai cambiamenti in atto. È il bisogno, reso necessario dal moltiplicarsi dei centri di interesse e dei punti di contatto, di ripensare il rapporto profondo che lega il tempo al lavoro, nella convinzione che una nuova forma di organizzazione lavorativa sia realmente possibile.

Il tempo del lavoro potrebbe, e forse dovrebbe, staccarsi dal luogo del lavoro: e se è vero che tempo e spazio procedono sempre insieme, è pur vero che forse è arrivato il momento di separarli.

Il tempo è diventato esso stesso un luogo.

Tempo e Lavoro: Time Porosity

A cura di La Rocca e Associati